L’inchiesta vista da…
L’INCHIESTA VISTA DA FASTWEB/1
FIBRA E VOGLIA D‘OPA PER SWISSCOM
“La nostra intenzione è chiara: far tornare Stefano Parisi il prima possibile”. A più di sei mesi dall’avvio dell’inchiesta sulle frodi carosello (e dalle misure cautelari a carico dell’ex presidente Silvio Scaglia), i vertici di Swisscom non hanno cambiato idea: l’operato dei vertici della società prima della cessione al gruppo elvetico non offre adito a dubbi di natura penale. Perciò Carsten Schloter, patron dell’azionista di maggioranza di Fastweb, ribadisce la fiducia nei confronti di Parisi, indagato nell’inchiesta sulle frodi carosello che, come sostiene lo stesso Scaglia, altro non è che “una truffa ben congegnata a danno mio e di Fastweb”.
L’inchiesta, però, ha avuto le sue conseguenze. Innanzitutto ha rallentato il varo del progetto congiunto con Wind e Vodafone (ma con la forte ostilità di Telecom Italia) alla cui guida era destinato lo stesso Parisi. Inoltre, dal 2 febbraio scorso, quando venne data notizia dei mandati contro i manager di Fastweb e di Telecom Italia Sparkle, i titoli della società hanno perduto il 30 per cento circa del loro valore, sebbene sul piano dei risultati economici e del business, l’azienda non abbia subito danni.
Per questo motivo, la speculazione scommette sul varo di un’Opa da parte del socio di controllo per acquistare il flottante (pari al 18%) ad un prezzo conveniente. Scholoter, al proposito, si è limitato a dire che il gruppo di Zurigo “ci sta pensando”: a questo prezzo, infatti, l’acquisto è un affare. Ma i soldi necessari potrebbero essere necessari per i progetti industriali sulla banda larga, sulle cui prospettive il gruppo elvetico (a differenza di Telecom Italia) punta senza riserve.
L’INCHIESTA VISTA DA TELECOM/2
UNA MULTA CHIAMA L’ALTRA
Franco Bernabé pensava di aver risparmiato. Nella semestrale di Telecom Italia, infatti, si era avuta notizia che la società aveva versato 418 milioni per chiudere il contenzioso con il Fisco sulle imposte indirette per l’evasione fiscale contestata alla controlla Telecom Italia Sparkle, godendo così di un sconto milionario sulla sanzione e del dissequestro, disposto dalla Procura di Roma a fine agosto, di 288 milioni legati all’inchiesta. Ma, secondo quanto riferito dal quotidiano Mf, per la società guidata da Bernabé i problemi con il fisco non sono affatto finiti: la Guardia di Finanza ha verbalizzato una multa di altri 429 milioni di oneri diretti non pagati sempre come conseguenza del traffico fantasma. Oltre all’indetraibilità dell’Iva relativa alle prestazioni inesistenti, la GdF ha contestato a Tis anche l’indeducibilità ai fini Ires ed Irap dei costi relativi a quelle stesse operazioni per l’importo di 429 milioni, senza voler conteggiare eventuali sanzioni aggiuntive e gli interessi.
Chissà se, dopo l’OPA, i Toga Party decidono di indagare anche i vertici Swisscom.. tanto per fare mucchio..
Riflettevo che con la logica del “non poteva non sapere” i Toga Party potrebbero mandare un avviso di garanzia anche a Nostro Signore.. già em li vedo i titoloni sui giornali “la Procura di Roma si muove: indagato Gesù!” (sempre con rispetto parlando)
La differenza tra la linea di Fastweb e quella di Telecom è abissale! Telecom si comporta assai peggio di un ministero: aderendo acriticamente ai diktat della procura di Roma, scarica tutti i suoi manager, pensando così di salvare i massimi vertici, e paga multe su multe ritenendo di poter risolvere i suoi problemi, ma senza accorgersi della spirale in cui si è cacciata. Chissà cosa ne pensano i piccoli azionisti Telecom.
Mi sembra molto più intelligente il comportamento della “piccola” Fastweb, che ha voluto e saputo leggere le carte e, mostrando di saper discernere, non ha “mollato” i suoi uomini migliori, per i quali anzi auspica un ritorno all’operatività.
La verità è che in quegli anni la “sicurezza aziendale” TELECOM, che con le pingui risorse a disposizione avrebbe dovuto offrire al Gruppo, e dunque anche a TIS, un servizio di “valutazione” dell’affidabilità della clientela era… in altre faccende affaccendata. I manager TIS, così, sono rimasti senza rete, esposti alle manovre di abili truffatori contro i quali non avevano alcuno strumento.
Non so, invece, se FASTWEB abbia avuto o abbia una sicurezza aziendale, anche se, viste le dimensioni e le peculiarità del caso, non credo che anche ove essa al tempo fosse esistente avrebbe potuto fare più di tanto.
In ogni caso, vorrei ricordare che le prime norme finalizzate a prevenire la possibilità delle “frodi carosello” sono state approvate in Italia con il Decreto legge 25 marzo 2010, n. 40 pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» n. 71 del 26 marzo 2010 recante «Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l’altro, nella forma dei cosiddetti “caroselli” e “cartiere”, di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori». La norma arriva più di un mese dopo dagli arresti richiesti dalla Procura di Roma.
Insomma, anche a livello normativo in Italia eravamo indietro, poichè i manager non avevano, nemmeno dalla legge, alcuna linea guida su quello che avrebbero dovuto fare per non trovarsi incolpevolmente coinvolti nei raggiri da altri posti in essere.
E’ questo il motivo per il quale la Procura di Roma si ostina testardamente a proporre la sussistenza di un’improbabile associazione a delinquere fra persone che nemmeno si conoscono e per fatti del tutto ignoti ai manager in parola, difendendo la bislacca ipotesi con le unghie e con i denti: sa bene che, in assenza di tale fattispecie penale, i vertici di FASTWEB ed i manager TIS sono – come in effetti sono stati – solo “inconsapevoli strumenti d’un raggiro”.
molto azzeccato l’ultimo paragrafo. Sono personalmente convinto che, con o senza legge “guida”, alle spalle di tutto ciò vi sia un raggiro chiaro e palese. E l’associazione a delinquere è un’altra. Sono anche venuto palesemente a mancare i controlli statali sulle proprie stesse leggi che hanno permesso quelle truffe.
Perchè va anche dato atto di questo.
E non so se la legge ha posto dei paletti a quelle sequenze di crediti e storini vari di IVA e imposte varie…
«Serve un ministro?
Va bene, allora passo la voce»
«È venuto il momento che l’Italia si dia una seria politica industriale»
e dal balcone di Antagnod qualcuno potrebbe rispondere – vediamo se si ha il coraggio di chiederlo, così finalmente facciamo qualcosa di concreto x lo sviluppo dell’industria italiana.