Panorama Economy: “Non poteva sapere”


Sul supplemento di Panorama, diretto da Giorgio Mulè, un’ampia intervista a Sophie Nicolas Rossetti, moglie dell’ex direttore finanziario di Fastweb arrestato dieci mesi fa, che racconta l’odissea giudiziaria della sua famiglia: “La nostra vita è stata stravolta ed è venuta meno ogni certezza”. Ma ora confida che in aula si possa fare “chiarezza” sull’innocenza del marito


«È cambiato tutto, è un’esperienza che ci ha stravolto la vita. Di colpo, da una mattina all’altra, abbiamo perso tutti i nostri punti di riferimento». Parla così Sophie Nicolas Rossetti, moglie di Mario Rossetti, l’ex direttore finanziario di Fastweb finito nella “retata” dei manager della compagnia di tlc che secondo l’accusa dei PM “non potevano non sapere” delle truffe sotterranee organizzate anche con la complicità di alcuni dipendenti infedeli interni all’azienda. «Certo» – prosegue Sophie Nicolas – «adesso a distanza di mesi, posso anche dire che gli arresti domiciliari sono sicuramente meglio della carcerazione, ma restano sempre arresti, dove la privazione della libertà incide sulla vita di tutta la famiglia: nessuno può venirci a trovare e solo da pochi giorni abbiamo l’autorizzazione a ricevere i bambini amici dei miei figli di 10, 9 e 3 anni.  Poi mio marito da oltre sei mesi non può neanche uscire per una passeggiata, non ha nemmeno l’ora d’aria, e può comunicare solamente via lettera; personalmente, oltre alla quotidianità della famiglia, sto gestendo anche tutti gli aspetti legati all’inchiesta e, non ultimo, quello del sequestro dei beni che abbiamo subito. Questo perché, come misura preventiva, tutti i nostri averi famigliari sono stati sottoposti a custodia giudiziaria. Lo ripeto: la nostra vita è stata stravolta da un giorno all’altro, venendo meno ogni tipo di certezza».



I suoi figli le hanno fatto domande difficili sulla situazione del loro papà?

Ai due più grandi, pochi giorni dopo l’arresto di mio marito, quando ho capito che i tempi sarebbero stati lunghi, ho raccontato che il loro papà stava collaborando con i poliziotti per risolvere un grosso furto avvenuto qualche anno prima in Fastweb dove lavorava. Lui doveva quindi stare in caserma per aiutare il buon esito dell’inchiesta, e poi sarebbe tornato a casa. Così quando tornato ai “domiciliari”, dopo oltre tre mesi, i miei bambini erano pronti. Anche adesso continuano ad avere fiducia in quello che diciamo loro; sono quindi sereni e hanno sempre mantenuto, con grandi sacrifici da parte mia, la loro vita di scuola, sport e amici. Devo ringraziare la scuola Europa perché spontaneamente ha creato una rete di supporto sia nei confronti dei bambini che mia personale. Certo che vedere il loro papà sempre a casa ha fatto sorgere domande anche difficili su cosa stia succedendo. E quindi abbiamo dovuto parlare di giustizia, del rapporto fra lo stato, la comunità’ e il cittadino: i bambini oggi sono molto svegli e vogliono capire quello che succede intorno a loro; la famiglia e la scuola sono i luoghi dove possono trovare gli strumenti per capire.


Come vive il fatto che il 23 novembre scorso è iniziato il processo?

Intanto va detto che siamo solo all’inizio del dibattimento: c’è stata soltanto una udienza che si è aggiornata sulla costituzione delle parti civili. Comunque ha segnato la fine di un periodo di incertezza assoluta, dopo che per mesi ci siamo sentiti in balia di qualunque evento. Quando ci si trova in una condizione simile alla nostra non si vede l’ora che succeda qualcosa. Sono passati più di nove mesi dall’arresto di mio marito, e per tutto questo lunghissimo periodo non è stato possibile difendersi dalle accuse. Adesso almeno si è aperto uno spiraglio. La sfortuna di Mario non è stata soltanto quella di essere coinvolto in una vicenda assurda, perché come direttore finanziario di Fastweb “non poteva non sapere”, ma anche quella di ritrovarsi coinvolto in un procedimento di dimensioni eccezionali, sia per il numero di persone tirate in ballo che per la mole di documentazione.


Con quali effetti?

Almeno due: il primo è che non è stato possibile un approfondimento delle singole posizioni perché sino ad oggi si è valutata l’impostazione dell’inchiesta nel suo complesso; il secondo effetto è stato la dilatazione di tutti i tempi del procedimento. E ancora oggi non sappiamo quando finirà la sua privazione di libertà, nonostante i casi previsti dal codice penale per la carcerazione preventiva siano molto specifici e limitati.


A questo punto, nel pieno di questa esperienza, crede ancora nella giustizia?

Sì certo, credo ancora nella Giustizia con la maiuscola perché finito il clamore mediatico, le ragioni sostanziali, i fatti diventano prevalenti. Tutto questo mi ha portato a riflettere su come sia cambiata da febbraio ad oggi la mia percezione dello Stato, delle istituzioni che ho sempre pensato difendessero una famiglia come la mia e che invece hanno preso il controllo della nostra vita. Oltretutto io sono francese e il rapporto dei cittadini con la giustizia nel mio paese è sicuramente più sereno.


In Italia, invece?

Mi chiedo chi mai restituirà tutti questi mesi di vita alla mia famiglia e a mio marito in particolare, dove la vera violenza è stata isolarlo da tutto il mondo di relazioni, con l’eccezione del nucleo familiare stretto. Si figuri che anche per parlare o vedere i propri genitori è stata necessaria un’autorizzazione specifica. Spesso abbiamo parlato con Mario di come i tempi della giustizia siano diversi da quelli di una giornata della gente comune; tutto si dilata, diventa un tempo circolare, sembra che nessuno pensi a cosa significhi anche un giorno di più vissuto in uno stato di privazione della libertà.


Ora però si va in aula…

Il fatto che dai magistrati inquirenti sia stato chiesto e ottenuto il giudizio immediato, che dovrebbe essere un procedimento che garantisce agli imputati tempi brevi del procedimento in casi di responsabilità evidente, in realtà non ha comportato un’accelerazione dei tempi perché sono passati oltre 3 mesi dal 10 agosto senza che il processo sia ancora iniziato. Nei fatti, il venir meno dell’udienza preliminare ha determinato solo venir meno un grado di garanzia per gli imputati.  Ecco perché adesso guardo con un po’ più di speranza al fatto che il momento della chiarezza si stia avvicinando e finalmente verranno accertate, dove ci sono, le responsabilità dei singoli. Ma è solo la mia speranza. A volte temo che prima che si possa definitivamente scrivere la parola fine tutto a questo passerà ancora molto tempo, forse anni.


1.418 Commenti a “Panorama Economy: “Non poteva sapere””

  • luigi Boschin:

    Cero che in certe situazioni il rapporto con i figli é difficile, io ho ricevuto una educazione ” tradizionale ” con due genitori esempio di onestà, correttezza e timore dello stato e delle istituzioni.
    Ai miei figli ho insegnato correttezza, onestà, ma anche che l’Italia é un posto pericoloso dove non esistono regole certe e istituzioni affidabili.
    Un posto possibilmente da evitare, il resto del mondo non sarà il bel paese, ma é il bellissimo resto del mondo.

  • stefano:

    Coraggio.. per tutti.. non è nè breve nè facile.. certo che a vedere che nel giro di 24 ore gente che ha devastato mezza città è in giro per i regali di natale e Scaglia, Rossetti & C. sono agli arresti fa venire i brividi!
    Il presidente del CSM ha detto al sindaco di Roma “si alle critiche no agli insulti” dovrebbe fare una riflessione sul perché partono gli insulti..

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“Questo Blog è dedicato alla figura di Silvio Scaglia, imprenditore ed innovatore, protagonista di start up (Omnitel, Fastweb, Babelgum) oggi impegnato in nuove sfide come il rilancio de La Perla, marchio storico del made in Italy. E' un luogo di informazione e di dibattito per tutti gli stakeholders (dipendenti, collaboratori, clienti) ma anche comuni cittadini che hanno seguito le vicende in cui Scaglia, innocente, si è trovato coinvolto fino alla piena assoluzione da parte della giustizia italiana.” - Stefania Valenti, Chief Executive Officer Elite World