Fattore Umano | I Sapori Reclusi
Davide Dutto, fotografo professionista, entra in un carcere piemontese per insegnare le basi del suo mestiere a un gruppo di detenuti. Da quell’esperienza sono nati un libro e un’associazione fossanese che, partendo dal comune bisogno dell’uomo di nutrirsi, riunisce uomini e donne che vivono nascosti agli occhi dei più con il resto della società. Perché «il vero problema, in carcere, non è avere una ricetta, bensì avere gli ingredienti e gli attrezzi per poterla realizzare»
La prima cosa che Davide Dutto incontrò varcando per la prima volta i cancelli di un carcere fu una «miniera a cielo aperto» dove raccogliere testimonianze di vita “reclusa” da portare nel mondo libero con un obiettivo: «impegnarsi molto e rispettare chi, quelle storie, le stava raccontando».
Nel 2005, «scontata» la sua esperienza triennale, Dutto decise di trasferire la sua esperienza in carcere in un libro – Il Gambero Nero. Ricette dal carcere (Cibele) – realizzato insieme al giornalista Michele Marziani. Tra le pagine, i detenuti che cucinano nelle proprie celle, le loro ricette e le difficoltà quotidiane.
Nell’autunno del 2010 viene fondata l’associazione fossanese Sapori Reclusi sull’onda del lavoro di Davide Dutto per entrare laddove solitamente si trovano porte chiuse, nell’intimità delle persone, per capirle al di là di stereotipi e preconcetti. Una delle sfide vinte dall’Associazione è stata quella di portare in carcere sette importanti nomi della cucina italiana (Alciati, Palluda, Ghigo, Ribaldone, Reina, Demaria e Campogrande) per la creazione di un «laboratorio di fotogastronomia che è diventato un importante momento di scambio e relazione» tra detenuti e chef.
Qual è la ricetta per rendere la detenzione più “a misura di uomo”?
Credo fortemente nel potere di riscatto dell’uomo attraverso la preparazione del cibo e alla fotografia, due forme di espressione alle quali sono fortemente ancorato. Nelle carceri incontro storie estreme, colori e contrasti forti, odori e sapori decisi, la fotografia e il cibo quindi all’interno di questo contenitore forzato si uniscono in modo naturale, diventando mezzi di comunicazione e di espressione altamente privilegiati durante i nostri incontri. Ecco allora la mia ricetta per rendere più umana e rieducativa la detenzione: unire la fotografia e il cibo, creare interazione tra “fuori” e “dentro” per conoscerci meglio e abbattere vecchi e inutili stereotipi e paure. Infine comunque un bel piatto di pasta, aglio, olio e peperoncino per unire semplicità, gusto e concretezza va comunque cucinato. Ogni detenuto, comunque, possiede una ricetta personale e proviene dalle proprie radici culturali.
Come reagiscono i detenuti alla presenza della macchina fotografica? E alle “regole” della cucina?
Il tempo in carcere ha in valore diverso, scorre pesante e lento, monotono e sterile. Di solito i detenuti si iscrivono ai corsi per passare del tempo diversamente, basta dire che le domande per il mio prossimo corso di fotogastronomia all’interno del carcere di Alessandria sono state più di 100 per 10 posti disponibili. Per nostro mondo di “liberi” scattare una foto con un telefonino è un’azione scontata e quotidiana. Dentro è un fatto unico ed eccezionale. Cucinare nelle celle è complicato, molti alimenti e attrezzi non sono ammessi, una semplice operazione come quella di tagliare un pezzo di carne o delle cipolle diventa un’impresa ardua. Così quando arrivo con macchine fotografiche, computer, cuochi e alimenti da cucinare è quasi un giorno di festa attesa, un momento da ricordare. Trovo tutto ciò veramente positivo e costruttivo.
Quali le prossime tappe del percorso?
Una per tutte: la pubblicazione di un volume che racchiuda tutte le esperienze e le storie di detenuti, cuochi, persone, cooperative sociali che in questa realtà vivono, lavorano, insegnano e producono. Molte sono le ricette e gli alimenti che nascono durante gli incontri nelle varie carceri italiane come i biscotti della Banda Biscotti, la birra di Pausa Caffé, i panettoni della Cooperativa Sociale Giotto, i formaggi di Galeghiotto, le uova di Al Cappone e tanti altri. Sapori Reclusi cerchererà di dare visibilità e voce a tutte le realtà che incontreremo. Io, come fotografo, non posso far altro che continuare ad ascoltare e raccontare le “storie recluse”.
Ogni cosa che parte positivamente verso la inframuraria prima;e la extram. poi …Ha un Suo senso!Davide e tutta la Truppa hanno dato ed ancora stanno dando Qualcosa che non è astrazione :Avanti!!!